Gianmarco Nicoletti, brand manager Italia di Ulysse Nardin e appassionato di storia (è laureato all’Università del Piemonte Orientale con il celebre prof. Alessandro Barbero), ci accompagna alla scoperta di uno dei marchi più antichi e blasonati dell’orologeria da sempre sinonimo di innovazione e avanguardia tecnica.
Ormai qualche mese fa Alessandro Bucchi, direttore marketing di Pisa Orologeria, mi chiese se fossi disponibile a scrivere un breve articolo su Ulysse Nardin, che ho il piacere di rappresentare per il mercato italiano e maltese.
Ho accettato volentieri, ma la domanda, finora non espressa, è stata: come rendere in breve una storia vera, che viene dalla metà dell’Ottocento, ha origine fra le montagne dello Jura svizzero, ma riguarda anche il mondo del mare (già solo questo, da velista, evoca in me delle onde di energia positiva), riguarda l’avventura, l’innovazione tecnologica, l’orologeria intesa come alta espressione manifatturiera, ma anche di creatività all’avanguardia?
Certo, queste domande appartengono alla mia passione per gli orologi, per il mare, per l’avventura, e spiegano forse in parte il piacere di far parte di Ulysse Nardin a cui accennavo prima… Ma come esprimere i valori di una Maison orologiera che fin dai suoi inizi ha rappresentato un punto di riferimento per gli esploratori, gli avventurieri – e di conseguenza gli spiriti liberi, di chi conosce gli orizzonti del nostro mondo e non si conforma a ciò che è dato?
La nostra storia. La storia della nostra manifattura può dare una chiave per interpretare lo spirito di Ulysse Nardin… Allora partiamo dal 1846!
Ulysse Nardin a 23 anni fonda a Le Locle la propria manifattura orologiera (sì, la manifattura si chiama come il suo fondatore, ed è l’unico aspetto ovvio di tutta la vicenda, ma dobbiamo ammettere che il suo nome sembra inventato da una mente del marketing dei nostri tempi).
È toccante leggere le prime pagine dei libri contabili redatti di pugno da Ulysse, durante i primi passi della creazione della propria manifattura:
“9 Aprile 1845: Papà mi ha prestato 500 franchi” … Il suo sogno stava per avverarsi!
Da subito Ulysse si concentra sulla produzione di orologi da tasca con complicazioni (nessuno poteva immaginare come sarebbe cambiato il modo di portare un segnatempo 60 anni più tardi, né tanto meno la Grande Guerra, che tanto avrebbe contribuito alla diffusione degli orologi da polso).
Ma soprattutto Ulysse, e poi suo figlio Paul, identificano un’esigenza importante della loro epoca. La maggior parte dei trasporti commerciali e di persone, i viaggi verso territori ancora da esplorare, avvenivano per mare, e avevano bisogno di segnatempo precisi. E questa era, ça va sans dire, anche l’esigenza delle marine da guerra.
Abbiamo forse perso la memoria di quei tempi, ma all’epoca il calcolo della longitudine, essenziale per poter determinare la posizione di una nave e quindi seguire una rotta nautica, rendeva il cronometro di bordo uno strumento fondamentale. Con il sestante ormai da secoli era possibile determinare la latitudine, ma per conoscere la longitudine esatta occorreva un segnatempo estremamente preciso: un errore di un solo secondo determinava un errore di rotta di 263 metri. In pratica cumulare errori significava rischiare di naufragare sugli scogli anziché giungere a un porto sicuro, perdendo equipaggio e carico.
Per semplificare l’idea, il cronometro marino era un po’ come un GPS dei giorni attuali, ma meccanico.
I cronometri da marina Ulysse Nardin, grazie alla loro assoluta precisione, saranno forniti a più di cinquanta marine militari, compagnie di navigazione, istituti geodetici e osservatori astronomici. Per la loro affidabilità i cronometri da tasca Ulysse Nardin erano ambiti dagli ufficiali e dai capitani delle navi di tutto il mondo.
Nel corso degli anni la gestione della manifattura si tramanda di padre in figlio, continuando la tradizione cronometrica e delle complicazioni: fra il 1862, quando all’Esposizione Internazionale di Londra Ulysse Nardin fu premiata con la medaglia d’oro, e il 1975, la manifattura aveva ottenuto 4.324 certificati di prestazione per cronometri da marina e dieci medaglie d’oro.
Poi, all’improvviso, qualcosa di imprevisto. È il 1970 e dall’oriente iniziano a diffondersi i movimenti al quarzo, precisissimi. Questa direzione sembra il solo futuro per il mondo dell’orologeria.
Come la maggior parte delle manifatture svizzere, Ulysse Nardin si trova a dover fronteggiare un mondo che sta svoltando, ed è una crisi tecnologica, ma anche economica, culturale, organizzativa. L’orologeria svizzera si trova a ondeggiare: vincerà l’elettronica, che sembra rappresentare il futuro, e il futuribile?
E allora citiamo un’altra data, il 1983. Nel pieno di quella che è oggi definita la “crisi del quarzo”, un gruppo di investitori guidato da Rolf W. Schnyder acquista la manifattura di orologi Ulysse Nardin, che pur in crisi non aveva mai interrotto la propria esistenza. L’idea di Schnyder è dirompente, innovare e creare dei capolavori di arte meccanica proprio nel periodo in cui sembrerebbe folle procedere in questa direzione.
Schnyder è un visionario e avvia una nuova era per il marchio. Nel 1985, viene presentato l’Astrolabium Galileo Galilei, un orologio astronomico che fa entrare la Maison nel Guinness dei primati. In seguito esce il Planetarium Copernicus del 1988 e il Tellurium Johannes Kepler nel 1992, che formano la Trilogia del Tempo, tre mitici orologi astronomici.
Nel 1989 viene presentato il San Marco, primo orologio da polso ripetizione minuti con jacquard, immaginato da Schnyder durante una vacanza a Venezia con la futura moglie, estasiati dalla visione dei Mori in piazza San Marco.
Nel 1996 la manifattura presenta il Marine Chronometer 1846 e il Perpetual Ludwig, opera di quel genio dell’orologeria che è Ludwig Oechslin, con cui viene avviata una lunga collaborazione, ancora in corso.
E arriva il 2001. Non è solo l’anno kubrikiano dell’Odissea nello Spazio. È l’innovazione delle innovazioni in orologeria: il Freak! Il primo orologio al mondo tutto movimento e quadrante, senza sfere e corona di carica: è il movimento stesso che con la propria rotazione indica l’ora. Non è tutto: per la prima volta viene utilizzata in un segnatempo la tecnologia del silicio, per la quale Ulysse Nardin è stato il precursore assoluto.
Nel 2006 Ulysse Nardin è cofondatrice di Sigatec, società svizzera specializzata nella fabbricazione di componenti micromeccaniche in silicio, oltre che della rivoluzionaria lega di diamante e silicio DiamonSil. La tecnologia del silicio è oggi presente in tutti i movimenti della Maison.
Nel 2011 viene acquisita Donzé Cadrans, affascinante piccola azienda specializzata nella produzione di quadranti in smalto, con un’incredibile competenza nella tecnica Grand-feu, nelle lavorazioni Guilloché, Cloisonné e Champlevé.
Dopo l’era di Schnyder, scomparso prematuramente, fra il 2014 e l’inizio del 2022 Ulysse Nardin si unisce al gruppo Kering, proseguendo il proprio percorso innovativo nel mondo dell’orologeria.
Nel 2014 viene lanciato il calibro UN-334 con regolazione rapida di data e fuso orario, nel 2015 è il momento dell’innovativo sistema di scappamento monoblocco in silicio UlyChoc, nel 2016 esce il calibro UN-153, calendario annuale regolabile in avanti e all’indietro, e il Marine Tourbillon Grand Deck, l’anno seguente Freak diviene un’intera collezione. Contemporaneamente viene sviluppata la collezione Blast, un vero e proprio orologio del futuro, con linee uniche ispirate alla tecnologia aeronautica stealth.
Giungiamo al 2022. Ulysse Nardin ritorna a essere una Manifattura indipendente!
Il CEO Patrick Pruniaux guida un piccolo gruppo di investitori privati e acquista la Maison, che ritorna così alla propria autonomia e alle proprie origini, manifatturiere, di savoir-faire e intellettuali.
Ditemi la verità, non è forse una storia magnifica, e appassionante?
Sì, immagino già qualche riflessione: va beh, tu lavori per Ulysse Nardin, è chiaro che sei di parte.
E beh sì, lo ammetto, sono di parte. Mi piace l’anticonformismo dei nostri orologi, mi appassiona la storia della Maison. Mi piacerebbe raccontarvi ancora tanti aneddoti…
Però c’è anche un altro aspetto, determinante, nell’alimentare la mia passione. Lo ha raccontato bene Patrick Pruniaux in un recente articolo pubblicato dal Financial Times:
“Vediamo un chiaro desiderio nei confronti dei Brand indipendenti. Appassionati di orologeria, collezionisti e nuovi clienti sono sempre più interessati a orologi che non siano mainstream. Non siamo né saremo mai mainstream. Non andremo oltre a una produzione annua di 15 mila orologi”.
In altre (mie) parole: vogliamo mantenere l’identità pionieristica della maison. Non ci interessa il gusto comune, ci interessa fare ciò che ci piace e ci appartiene: innovare, produrre segnatempo di qualità e trasmettere una grande passione.
Insomma, ecco perché Ulysse Nardin è così affascinante per me.
(Quindi #frusciodelmare, #avventura, #innovazione, #orgoglio, #eccochehaicitatoilceo, ma soprattutto passione per questo magnifico mondo)